Da progetti singoli a esperienze replicabili: un confronto tra i processi di costruzione delle politiche dal basso

Andare oltre il singolo caso, positivo, ma unico, per realizzare esperienze replicabili e collettive, capaci di aumentare le ricadute, i soggetti coinvolti, le forze dei territori. Ragionare sull’importanza di fare rete e sistema grazie al confronto costruttivo di tanti attori diversi, ma con un unico obiettivo: costruire politiche efficaci  che partono dal basso e sono orientate al bene comune. 

Sono i temi emersi nell’incontro di venerdì 13 novembre organizzato da Assemblea Popolare (di cui S-nodi fa parte) e Atlante del Cibo, con Fabrizio Barca e Vittorio Cogliati Dezza del Forum Disuguaglianze e Diversità. Un incontro che ha saputo mettere in evidenza gli elementi imprescindibili che servono per costruire politiche dal basso e che si è collegato al percorso incentrato sulle politiche del cibo di Assemblea Popolare, nato in pieno lockdown, in un momento in cui ci si chiedeva se i cambiamenti osservati fossero permanenti e se fosse possibile utilizzare questo “momento di pausa” personale, sociale ed economico, come opportunità per riflettere anche sulle energie positive messe in circolo in termini di solidarietà e aiuto reciproco e di restituzione alla conoscenza di quello spazio negato molto spesso negli ultimi anni. Un lavoro che ha visto la costruzione di uno spazio di discussione e di dibattito tra cittadini attivi, associazioni e organizzazioni portatrici di conoscenza, con l’obiettivo di condurre allo sviluppo di proposte, di azioni concrete, di policy, di cambiamenti strutturali oltre che di collaborazioni. 

Come sappiamo, il cambiamento a volte nasce da un’idea, che nella sua semplicità (o complessità) sa essere portatrice di innovazione. Come le storie, incontrate nel corso dell’evento, di Stefania Lusuardi e della sua impresa agricola innovativa “Nutrire Trento”, di Giacomo Lepri della Cooperativa Agricola Coraggio e del loro modello alternativo di gestione delle proprietà collettive, di Roberto Sensi e del suo lavoro a Corsico con ActionAid. Esperienze che hanno sottolineato l’importanza della logica del confronto. «È importante che i singoli cittadini possano far partire progetti personali – commenta Fabrizio Barca – ma è altrettanto importante lavorare sulla costruzione di reti e di sistemi per condividere, andare oltre e sviluppare progetti più ampi».

Ma cosa può aiutare una singola esperienza a diventare qualcosa di più? Come può trasformarsi in un lavoro di territorio, di sistema, un progetto capace di diventare più grande e, perché no, anche di essere replicato, adattandolo, ad altri contesti territoriali e comunitari?

Prima di tutto è necessaria la movimentazione civica e politica di realtà che nascono per costruire reti, come Assemblea Popolare a Torino: «La condivisione ha un costo – commenta Roberto Mezzalama, di Assemblea Popolare – Che però vale la pena pagare se, come è successo a noi con la nostra esperienza, si riescono a fare più cose che da soli, attività che senza una rete non sarebbero state possibili».

Un approccio e una missione simili a quelli del Forum Diseguaglianze e Diversità, che lavora su scala nazionale ma con grande attenzione ai singoli territori, soprattutto marginali. Il ForumDD è un movimento il cui obiettivo è fare rete per avere un impatto più grande, rivolgersi a più attori, esportare e raccontare buone pratiche di cambiamento. «Trasformare un’esperienza in qualcosa di più ampio e territoriale – commenta Barca – è impegnativo, richiede fatica. Ci pone di fronte alla necessità, quasi all’obbligo, di confrontarsi ed essere criticati. Ci si mette molto in discussione e lo si fa se si pensa che ci sia una buona ragione per farlo».

Ad impegnarsi per una maggiore conoscenza, diffusione e comprensione delle politiche dal basso ci sono anche le Università e le organizzazioni che si occupano di ricerca come l’Atlante del Cibo. Soggetti che vogliono sistematizzare e dare senso alle esperienze singole e di aggregazione. «Nei vari progetti che abbiamo incontrato oggi – commenta Egidio Dansero dell’Atlante del Cibo – è risultato evidente come tutti, nel loro piccolo, nel loro impegno concreto e quotidiano, facciano politica attiva a loro modo e in ambiti differenti, molti dei quali legati alle politiche del cibo. L’Atlante è nato proprio con l’intento di unire le esperienze e costruire una rappresentazione condivisa. Nel torinese sono molte le iniziative strutturate, c’è coordinamento. Tutto questo è necessario per prendere consapevolezza rispetto al ruolo che ciascuno di noi può giocare nell’immediato futuro». 

Cosa manca nel processo? Le istituzioni. Che non devono necessariamente inventarsi da zero le nuove politiche, ma cogliere e accogliere quelle presenti e nascenti dal basso, trovando i modi per supportarle e accompagnarne i processi di sviluppo

Questo è ciò che sta avvenendo, per esempio, attraverso il progetto Top Metro Fa Bene, realizzato con la Città Metropolitana di Torino. Elena Di Bella, dirigente dell’ente, ha portato una riflessione sulla necessità di occuparsi e preoccuparsi, come cittadini, anche di cosa le istituzioni sono diventate nel corso degli anni, di come sono state modificate. «Il tessuto delle istituzioni è necessario e indispensabile, anche se pieno di lacune, perché le esperienze possano diventare sistema. Quando le città metropolitane hanno preso il posto delle Province e sono state chiuse le Comunità Montane abbiamo assistito ad una polarizzazione del potere che rende difficile trasformare le esperienze singole in progetti pilota prima, in sistemi poi e infine in politiche replicabili. Come Assemblea Popolare, come Forum Diguguaglianze e Diversità sarebbe importante farsene carico e capire come risolvere il problema perché le nuove disuguaglianze sono anche quelle territoriali, geografiche e istituzionali prodotte da questi cambiamenti».

Un concetto condiviso anche da Fabrizio Barca: «I presidi locali, le istituzioni, sono il telaio. E dobbiamo rafforzarlo perché se è troppo debole nelle sue funzioni è difficile lavorarci insieme. Il rischio è che le forze vive dei territori si demoralizzino a causa della difficoltà nel lavorare bene e in modo condiviso». 

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